sei di vada se...

mercoledì 14 ottobre 2020

sesto 2/3

 sesto 2/3

Nel pomeriggio, sulla spiaggia, Franco arriva un po' più tardi del solito, accompagnato da una ragazza che non conosciamo. Si chiama Chiara e, dopo le presentazioni, si unisce all'allegra brigata. Come lei stessa ci comunica, è arrivata da Firenze questa mattina, è in villeggiatura con i genitori ed occupa un piccolo appartamento in affitto nelle vicinanze dell'abitazione di Franco che, puntualmente, non si è fatto sfuggire l'occasione pensando bene di chiederle di aggregarsi al nostro gruppo. Ha la nostra età, ha superato brillantemente gli esami e sembra che non le dispiaccia unirsi a noi con il beneplacito dei maschietti, visto l'aspetto piuttosto attraente; le femminucce, al contrario, non sembrano esaltarsi, almeno inizialmente, all'intrusione di una possibile antagonista nel catturare le attenzioni dei rappresentanti del sesso opposto. I capelli biondi, alla spalla, incorniciano il viso ovale sul quale risaltano occhi celesti, naso impercettibilmente aquilino e labbra sottili. Stende l'asciugamano colorato nelle vicinanze dei nostri, si toglie la maglietta, i bermuda bianchi mettendo in mostra un costumino nero che spicca sul fisico ben modellato e sulla pelle candida, per niente abbronzata, tipica dei forestieri arrivati da poco. Come mosche al miele la circondiamo curiosi, subissandola di domande sull'età, sulla sua città di provenienza, sulla scuola insomma, ci dimostriamo piuttosto invadenti al limite dell’indiscrezione. Al contrario, Chiara dimostra di gradire il fatto di essere in primo piano e soddisfa volentieri le nostre domande anche se con atteggiamenti, a mio modo di vedere, eccessivamente manierati. Un segno d'intesa con Martina e Fulvia conferma le mie impressioni negative sul comportamento della nuova arrivata. La nostra comitiva non è fatta per dive del cinema e ritengo che dovrà adeguarsi alle regole della nostra convivenza comune, se vorrà attecchire con noi. 

«Ho avuto un'idea!» - dichiara improvvisamente Luca eccitato - «Visto che in spiaggia è difficile scovare qualcosa di nuovo da fare, perché non chiediamo ad Angiolino, il pescatore… si, insomma, a Lino, di accompagnarci alle secche del fanale con la sua paranza, uno di questi giorni?»

«Potrebbe essere una buona iniziativa,» - lo incoraggia Mimmo - «ma non credo che Lino potrà, deve sfruttare al massimo la buona stagione per la pesca, è il suo lavoro, in fin dei conti.»

«Non dico mica che deve farlo gratis!» - ribatte Luca - «Potremmo chiedere quanto ci viene a costare una gita del genere e dividiamo la spesa. In fondo Lino si è sempre dimostrato molto disponibile e simpatico nei nostri confronti e ritengo che sarà felice di accontentarci, a scanso d'insormontabili impedimenti.»

«Va bene, chiedere non costa nulla, al limite ci risponderà che non è possibile!» - sentenzia Feo.

«Ragazzi, calma! Non so voi, ma io dovrò chiedere l'autorizzazione ai miei, prima di prendere una decisione.» - ci annuncia, timorosa, Lauretta - «Staremo fuori per tutto il giorno, in alto mare, per giunta, a diverse miglia dalla costa: non sono sicura che i miei me lo permetteranno!»

«Il problema non è solo tuo,» - la conforta Tania - «penso che tutti dovremo domandare il permesso ai genitori, si tratta di una gita quantomeno stravagante. Il fatto che Lino sia conosciuto e rispettato da tutti, in paese, gioca in nostro favore, ma ciò non significa che, automaticamente, i nostri genitori ci affidino alle sue premure per una giornata intera in alto mare.»

«Giusta osservazione!» - conferma Luca - «Intanto chiediamo la disponibilità a Lino, poi chiederemo ai genitori.» - e si alza.

«Scusate ragazzi,» - prendo io la parola - «oggi è lunedì ed io ho solo questa settimana di vacanza, sabato inizio con il lavoro presso la pensione e sarà dura riuscire ad ottenere una giornata intera di permesso, siamo in alta stagione e sarà piena di turisti. Avrei piacere di partecipare all'escursione, ma se non sarà prima di venerdì…» - noto che Martina mi fissa seria.

«Se è per questo anch'io inizio sabato venturo.» - dichiara Mimmo - «I bagni Arenile attendono il mio supporto di "aiuto bagnino" e sono nelle tue identiche condizioni»

«Secondo il mio parere, andiamo tutti o nessuno» - sentenzia Barbara - «e se vogliamo andare dobbiamo impegnarci per organizzare tutto prima di sabato prossimo. Se mancherà qualcuno, sarà come un puzzle incompleto ed un'esperienza alle secche del fanale dobbiamo sperimentarla tutti assieme.»

«Ci stiamo ponendo dei problemi che ancora non sussistono.» - concludo io sorridendo - «Se Lino ci nega la possibilità di accompagnarci, addio escursione.»

Nel parlottio che segue il dibattito, si delibera di recarci da Lino per compiere il primo passo verso lo scoglio in mezzo al mare. La delegazione, composta da Feo, Luca, il promotore dell'iniziativa, e me, s'incammina verso la casetta del pescatore, al limite esterno della spiaggia, dove numerose reti da pesca sono stese al sole ad asciugare. Aggiriamo la casetta di mattoni rossi, il cui ingresso è rivolto dalla parte opposta al mare, e scoviamo la testa riccia di Lino, china su un groviglio di reti, che sta trasferendo da una grande tinozza di plastica verde ad un'altra simile. I piedi Lino, con il dorso nudo color cioccolata abbrustolito dal sole, tendono le maglie della rete che sta tentando di districare, mentre trattiene, tra i denti bianchissimi, una specie di spoletta, simile a quelle usate per tessere al telaio, su cui è avvolto del robusto filo di nylon pronto per riparare eventuali smagliature. Le sue mani e, più sorprendentemente, i suoi piedi prensili, maneggiano armonicamente le matasse di rete che, di volta in volta, escono da una delle due tinozze per passare velocemente all'altra. Il trave di corda della parte superiore della rete ed i galleggianti marroni scorrono rapidamente tra le sue agili ed abili mani callose, con movimenti decisi e ben definiti. Distratto dal sopraggiungere delle ombre, Lino alza la testa nella nostra direzione e, socchiudendo gli occhi per ripararsi dal riverbero del controluce, esibisce uno smagliante sorriso che illumina le guance abbronzate e punteggiate dalla barba incolta, senza abbandonare la spoletta che tiene tenacemente tra i denti.

«Cosa ci fate qui?» - farfuglia in dialetto Campano, senza smettere di lavorare con le mani, mentre la spoletta oscilla tra i denti - «Volete aiutarmi a districare le reti?»

«Lino, noi avremmo una richiesta da farti.» - esordisce Luca - «Vorremmo che ci tu portassi a fare una gita alle secche del Fanale!» - Chiede senza mezzi termini.

«Che vuoi dire? Volete venire un giorno a pescare con me?» - chiede per niente sorpreso - «Badate che io mi sveglio presto la mattina, certe volte non vado nemmeno a dormire, la sera, mentre voi siete abituati a fare le ore piccole e, la mattina, a tirare tardi a letto!»

«No, non desideriamo venire a pescare con te, ti chiediamo un passaggio in barca fino alle secche.» - chiarisco io.

«…e che ci fate voi tre al fanale per tutto il giorno?»

«Non siamo solo noi tre, saremmo una decina, forse di più» - lo informa Feo - «ci sarebbero anche le nostre amiche, genitori permettendo!»

Si ferma con le mani, si toglie di bocca la spoletta e ci osserva più attentamente:

«Ragazzi io con la barca mi ci guadagno il pane, perdere un giorno di pesca per accompagnare voi…»

«Non ti chiediamo di farlo gratis.» - Feo non lo lascia finire - «Siamo disposti a rifonderti del tempo perso…»

«Non mi sono spiegato bene,» - riprende lui - «vi ho visto crescere: quante volte vi ho sgridato perché facevate i tuffi dalla mia paranza ormeggiata al riparo degli scogli; se un giorno non venite alla spiaggia, mi preoccupo per paura che sia successo qualcosa di grave; fin dai tempi in cui eravate piccoli, i vostri schiamazzi hanno riempito le mie solitarie giornate spese a rammendare le reti sull'uscio di questa baracca. Chiedere dei soldi a voi sarebbe come chiederli ai miei figli. Intendevo dire che avrei solo bisogno di qualche giorno per prepararmi. In ogni caso, mi piacerebbe accontentarvi e sono sicuro che troverei il modo di organizzare la gita senza perdere del tutto la giornata di pesca ma…» - si sofferma, poi riprende - «Vi renderete conto di quanta responsabilità caricate le mie spalle e la coperta della mia paranza? Scorrazzare un carico di ragazzi nel fiore dell'età, a fare i pirati per il Mar Tirreno, al seguito di un vecchio pescatore rimbambito: no ragazzi, mi dispiace! Credetemi, dal profondo del cuore vorrei accontentarvi ma dovete capire che è una responsabilità troppo grande per le mie povere spalle curve. E poi non credo che i vostri genitori ci permetterebbero una cosa del genere: io non lo farei!» - conclude.

Proviamo a convincerlo, ma più insistiamo e più mi rendo conto che ha pienamente ragione, perciò salutiamo dispiaciuti allorché lui addenta la spoletta e si china di nuovo, malinconico, sulle due tinozze colme di reti da riparare.

Ritorniamo mesti sui nostri passi, gli altri già intuiscono che la richiesta non è andata a buon fine e che dovremo escogitare qualche altro espediente per rompere la monotonia della spiaggia.

Seduti in cerchio rimuginiamo sul da farsi, quando Chiara, la nuova arrivata, se ne esce con una trovata:

«Mio padre ama la pesca e forse conosce anche il vostro buon Lino, visto che ogni tanto è venuto a pescare anche in queste acque: potrei chiedere se ci accompagna lui!» - propone decisa - «Ha un amico con il quale organizza sempre delle battute: potrebbero approfittare dell'aiuto di Lino e nel frattempo sollevarlo da un po' di responsabilità.»

La battuta non viene accolta con entusiasmo, la presenza dei genitori non ci esalta molto ma, ripensando che c'è in gioco l'avventura in mare aperto, non la consideriamo un'idea così malvagia quindi l'assemblea decide di ritornare alla carica con l'amico pescatore. Nel frattempo Chiara ha guadagnato in stima e considerazione.

«Lino, siamo di nuovo noi.»

Non solleva neanche la testa dal lavoro che sta facendo:

«Ragazzi sono veramente spiacente…»

«Ascolta: potremmo chiedere ad un paio dei nostri genitori di accompagnarci…» - e Luca gli propone la prospettiva manifestata da Chiara.

Lino alza la testa:

«Domattina vi va bene?» - ci comunica sorridendo.

Gridiamo per la contentezza, ma lui ci calma immediatamente:

«Era solo una battuta, ma ritengo che si possa fare. Indagate con i vostri genitori e scoprite chi è disposto ad accompagnarci, poi ne riparliamo.» - ci comunica fiducioso.

Con passo lesto ritorniamo in spiaggia con le facce che tradiscono gioia per il parziale successo ottenuto, non ci rimane che saggiare la disponibilità del padre di Chiara, del suo amico e, in caso di risposta affermativa, metterli in contatto con il pescatore. Durante la passeggiata di ritorno dal mare, ci prefiguriamo già la gita in barca come se tutto fosse organizzato e dovessimo partire l'indomani mattina: chi vuole portare la canna da pesca, chi il bolentino, chi maschera e pinne e chi il fucile subacqueo. Con la fantasia siamo già in mezzo al mare. 

Dopo cena, l'appuntamento è nelle vicinanze del mitico campino dove sono installate alcune giostre e baracconi disposti a piccolo Luna Park. Come attrazioni non è il massimo ma ci passiamo volentieri la serata, ogni tanto.

La pista dell'autoscontro, senz'altro la più frequentata delle attrazioni, è stata assemblata in corrispondenza del lato lungo del campino; è illuminata da luci al neon colorate e sulla piattaforma di acciaio sfrecciano bolidi dai colori sgargianti alimentati da corrente attraverso un palo che sfiora una rete elettrificata sospesa ad un paio di metri di altezza dalla pista. La sicurezza delle piccole automobili è garantita da una voluminosa ciambella di gomma nera che attutisce i violenti urti cui vengono sottoposte da piloti in erba più somiglianti a sfasciacarrozze che non a veri e propri collaudatori. Un equipaggio composto da sole ragazze diventa, naturalmente, il bersaglio preferito della giostra: la loro vetturetta viene sbatacchiata a destra e a manca da aggressivi piloti del sesso opposto ai quali esse rispondono con grida di apparente terrore insufficienti a celare una vistosa soddisfazione. Il marciapiede d'alluminio, che circonda la pista, è costantemente gremito di ragazzi d’entrambi i sessi che, con il gettone in mano, attendono di occupare l’abitacolo spartano di uno dei piccoli bolidi colorati. Musica moderna a volume altissimo pervade costantemente l’atmosfera circostante. Martina ed io non amiamo molto questo tipo di attrazione ed alterniamo rarissimi giri di pista a lunghe soste ai box, per usare un termine automobilistico, durante i quali preferiamo limitarci ad osservare chi se le da di santa ragione piuttosto che essere protagonisti del caotico traffico. Flipper, al contrario, in assoluta sintonia con la sua indole irruente, è uno dei più accaniti sostenitori dell'autoscontro, ha sempre le tasche piene di gettoni, pronto a trasformarsi in fretta in pirata della strada, attaccando impetuosamente tutto ciò che trova sul suo cammino. Anche Franco, di solito, è un abituale frequentatore della pista d'acciaio, ma stasera ha altro cui pensare: è in marcatura stretta su Chiara e non le toglie gli occhi di dosso, anche se lei non dimostra altrettanto interesse per lui.

La giostra volgarmente denominata del calcio-in-culo si trova sulla destra, rispetto all’autoscontro, ed occupa un ampio spiazzo necessario affinché i seggiolini, appesi alla struttura centrale con quattro robuste catene d’acciaio ciascuno, possano girare vorticosamente attorno ad essa senza colpire i passanti. La zona è comprensibilmente recintata in maniera opportuna da solide transenne mobili, poiché nessuno deve poter attraversare il raggio d’azione della giostra, neppure accidentalmente. Nel vorticare intorno alla giostra, i partecipanti, a coppie che occupano seggiolini consecutivi, si lanciano a vicenda all’indirizzo di un pallone, appeso alla sommità di un alto palo, dal quale penzola un fiocco rosso molto appariscente. In genere sul seggiolino anteriore, quello che viene lanciato verso il pallone, siede il componente più leggero della coppia e, più frequentemente, una ragazza che vola strillando verso il bersaglio nell’intento di abbrancare al volo il fiocco ed acquisire, per la coppia, il diritto ad un’ulteriore giro gratuito. Noi siamo abbastanza affiatati, in questo gioco ed io, in particolare, adoro le grida di Martina, quando vola in direzione del fiocco sporgendosi dal seggiolino con il braccio destro proteso verso l’esterno. La nostra abilità consiste nello sfruttare al meglio la forza centrifuga impressa ai seggiolini dalla giostra che rotea a velocità vorticosa cosicché, spesso, riusciamo a raggiungere lo scopo meritandoci un addizionale passaggio. 

Dalla parte opposta del Luna Park, il reparto “piccoli” ospita un simpatico trenino trainato da una locomotiva rossa la cui parte anteriore è costituita da un sorridente faccione con guance rubiconde, occhi grandi e naso “a patata” che ricorda il Mastro Geppetto protagonista del Pinocchio di Collodi. La ferrovia è recintata da una staccionata a stecche dipinte con colori sgargianti. Al suo interno, il capotreno manovra magistralmente la locomotiva lungo il breve circuito di strada ferrata, attirando l’attenzione dei bambini presenti allorché percuote un campanaccio in ottone lucidissimo che emette rintocchi, simili a quelli delle mucche al pascolo, quando viene percosso dal battaglio al quale è appeso un nastro blu. La stessa atmosfera regna sulla giostra situata nelle vicinanze del trenino: un camion dei pompieri rosso fiammante, un elefantino rosa, la diligenza del Far West, una moto con sidecar, un cavalluccio marino e diversi cavalli, dal baio al roano, abbelliscono il piano inferiore esterno della giostra mentre un’astronave, un aereo supersonico, un disco volante, un’oca gigante ed un’aquila reale s’innalzano, per poco più di un metro e mezzo, dal pilastro centrale ad opera di robusti pistoni comandati idraulicamente. Le facce sorridenti dei bambini seduti sui vagoni del treno o nelle carrozzine della giostra sono di per se uno spettacolo gioioso, accentuato dalle espressioni soddisfatte degli attenti genitori che assistono beati alle evoluzioni, non togliendo loro gli occhi di dosso neanche per un momento.

Alla squallida baracca del tiro a segno, dipinta di celeste, ma per niente arredata, un’altissima bionda molto attraente, anche se con la faccia eccessivamente truccata, attira l’attenzione dei passanti per un colpo all’indirizzo di una speciale macchina fotografica che, in caso di bersaglio centrato, scatta una fotografia dallo sviluppo istantaneo al tiratore ed al suo eventuale accompagnatore. Io sono riuscito a colpire il pulsante che comanda l’otturatore della macchina fotografica e l’istantanea mi ritrae in una posa ridicola, con la carabina imbracciata, l’atteggiamento impegnato ed un occhio chiuso per prendere la mira sul bersaglio; l’espressione di Martina, al mio fianco, non è per niente ridicola, anzi l’improvvisa luce del flash infonde alla sua faccia un’aura quasi irreale che rapisce ancor di più i miei sensi, come se ce ne fosse bisogno.

...continua